LIBRO V.

 

A CASA.


LIBRO V.

 

INDICE DEGLI ARGOMENTI.

 

La normalità sta fuori dal mondo aggregato(5.1).

 Una coscienza che abbia chiarezza non cadrebbe nell’inganno(5.2).

 La percezione del mondo vero, spirituale(5.3-5.4).

 Confronto con la percezione che si ha nel mondo aggregato(5.5).

 Il linguaggio dell’essere è il simbolo(5.6).

 Il mondo alla rovescia(5.6).

 Retta concezione del tempo(5.7-5.8).

 Ora abbiamo il fondamento della Scienza sacra. Seguiamolo e ci porterà a casa(5.9).


…auten dè tèn gèn katharàn en katharò(i)

keisthai to(i) ouranò(i) (…), hon dè aithera onomazein…

…ma essa, la vera terra, sta pura nel cielo puro, (…) che chiamano pensiero…

Platone, Fedone, 109b

 

5.1.Normalmente, gli esseri si danno la forma da sé e non ne ricevono una dall’esterno. Normalmente, le coscienze dell’essere appaiono tutte nello stesso spazio, che è l’essere stesso in quanto capacità di rendere visibile l’invisibile. Normalmente, il medesimo essere si comunica a tutte le proprie coscienze sotto l’immagine di spazio e in questo spazio la presenza(1) di una coscienza è segnalata da un’immagine, il suo corpo. Le coscienze vedono tutte lo stesso spazio da punti di vista diversi. Perciò l’anima vede, normalmente, senza bisogno di alcun organo di materia aggregata: l’anima è tutta occhio. Dunque nella visione normale, nella vera realtà del mondo dei corpi semplici, non c’è un oggetto esterno che, come si pensa invece nel mondo umano, colpisce una retina con dei raggi o chissà quale altro tipo di azione, non c’è un contatto tra un oggetto extramentale e un organo, che stimolato comunichi informazioni al cervello, perché ne ricavi un’immagine sensibile. Il “nostro” cervello non serve a nulla se non a interferire nella nostra comunicazione con l’essere. Non serve nella visione né negli altri linguaggi dell’essere, e tanto meno serve per pensare. E’ il pensiero che pensa, non il cervello. Ma parte degli spiriti che simulano di essere l’energia del “nostro” cervello fan mostra di attivarsi ogni volta che noi pensiamo, immaginiamo, evochiamo ricordi, riceviamo immagini oniriche o visioni, così da creare l’illusione di una connessione causale tra una determinata parte del cervello e un determinato tipo di contenuti della nostra coscienza. Il cervello sa anche simulare patologie: quando un’area di esso subisce danni (sempre all’interno di quella causalità simulata di cui abbiamo parlato sopra), le energie presenti in essa sanno interferire con la coscienza debole e condizionabile (perché irrazionale) dell’essere umano sì da simulare una dipendenza delle facoltà dell’anima dalle varie parti del cervello. Il sistema nervoso sa impadronirsi della coscienza di un essere umano e renderlo delirante, smemorato, afasico e così via. E anche quando la coscienza manifesta delle disfunzioni per vizi mentali dovuti a negligenza nel ragionamento e indisciplina, il cervello sa manifestare opportunamente delle lesioni, in modo da occultare la causalità spirituale del malanno, e offrire una fittizia causalità materialistica a chi è troppo disattento per avvedersi che trattasi solo di concomitanza e non di vera causalità. Tutto questo ha l’effetto di rovesciare la causa con l’effetto, di far credere che è dalla materia che nasce la coscienza e non, come è logico, il contrario. E’ per togliere all’anima la conoscenza di sé.

5.2.Normalmente, tutto questo non accadrebbe, se cioè fossimo in grado di badare a noi stessi, e conservare del nostro essere la visione retta. La coscienza chiara è stabile e non manipolabile; non si lascerebbe confondere. Ella scorrerebbe ancora nel vero mondo, a casa, liquore cristallino e purissimo, specchiando il vero sole, la luce delle idee dell’essere mediante cui darebbe a sé stessa forma eterna. Starebbe nel vero mondo, a casa, dove gli oggetti sono pensieri e vedrebbe i luoghi dello spirito, le dimore dell’essere e le città di cristallo. Lì i suoni sono pensieri e i profumi sentimenti, e i sapori sono il gusto della squisitezza dell’anima, sono sapore d’amore…

5.3.Mettiamo di essere nel mondo spirituale, nel mondo vero. Gli oggetti che incontriamo lì sono pensieri, abbiamo detto, rivestiti di immagini. Mettiemo che io sia lì e voglia manifestare un pensiero con un’immagine: l’immagine di una stanza. Naturalmente non ho bisogno di mattoni e calce per fare una stanza di pensiero, bastano pensiero e immagine. Essa è fatta di idee e di numeri. Infatti la vera stanza non è un immagine e non è visibile, ma è una definizione: spazio limitato da superfici. Come si vede, essa è fatta di idee, l’idea di spazio e l’idea di estensione, e l’idea di limite; per dare una stanza specifica ho bisogno di un’altra idea, più complessa: quella di parallelepipedo rettangolo(2). Ora ho la regola di costruzione: porzione di spazio limitata da superfici, in forma di parallelepipedo rettangolo. Ma perché la stanza diventi immagine di stanza e appaia nello spazio ho bisogno ancora di qualcosa: tre numeri, cioè altre tre idee, il rapporto tra altezza, larghezza e profondità e un’unità di misura. La vera stanza non è un’immagine, ma un compleso di pensieri; e tale complesso di pensieri non dà luogo a un’immagine sola, ma a una serie infinita di immagini, ognuna calcolata secondo le leggi della prospettiva da uno degli infiniti punti di vista. Insomma, la stanza è il complesso di pensieri che la definiscono associata all’infinita serie di immagini che ne vengono generate, quando il complesso di pensieri è completato con tre parametri, cioè con le misure dei suoi lati. E così è per ogni oggetto si trovi nel mondo dei corpi semplici.

5.4.Dunque la vera stanza non è una cosa oggettiva che sta in uno spazio extramentale e che io percepisco grazie a un organo che ne riceve l’impronta, sicché poi me ne formo, grazie a un cervello, una percezione soggettiva. La stanza è un complesso di pensieri che genera un numero infinito di immagini. E la vera percezione è la comunicazione dell’essere a ciascuna delle sue coscienze di una delle immagini della medesima stanza, calcolata secondo le leggi della prospettiva, ciascuna dal punto di vista in cui è collocata l’immagine della coscienza che la riceve. Sicché se, per esempio, tre persone ricevono tre diverse immagini della medesima stanza, ognuna dal punto di vista dove è immaginata la rispettiva coscienza (che è come dire dal punto in cui è collocato il suo corpo), possiamo dire che tre persone sono insieme nella stessa stanza. Tutte le immagini contenute in quella stanza, che rendono visibili le realtà spirituali in essa rappresentate, saranno comunicate dall’essere alle sue tre coscienze, che sono in quel momento in collegamento, per dir così, con quella stanza.

5.5.Anche quaggiù, nel mondo aggregato, ci sono stanze. Ma non sono vere stanze; nessun luogo qui è un vero luogo. Anche la stanza che vedo qui intorno a “me” è un parallelepipedo rettangolo, ed è fatta di linee, angoli, superfici e numeri; è dunque anche questa stanza visibile nel mondo aggregato un complesso di pensieri, pensati da qualcuno, evidentemente, perché i pensieri non esistono da sé, e una serie infinita di immagini prospettiche generate da esso. Ma nel mondo vero, il mondo dove appare realmente ciò che è, la stanza è un’immagine che esprime un reale contenuto dell’essere, cioè è un simbolo. Il pensiero immagina una stanza costruendola nel modo testè esposto, quando vuol significare un ben preciso periodo di tempo, separato da altri periodi da limiti ben precisi. Mettiamo che in quella stanza io voglia simboleggiare un periodo della mia vita: i contenuti della stanza sarebbero oggetti significativi del mio stato di coscienza di allora. Chi entra nella stanza parla con me. Invece, chi entra nella stanza del mondo aggregato, non entra in una vera stanza, perché quella non è simbolo di nulla; solo, il “nostro” sistema nervoso ci comunica l’immagine di un parallelepipedo arricchita di varie qualità perché gli organi del “nostro” corpo aggregato hanno subito un’alterazione, per la presenza di colonie di elementi aggregati in forma di mattoni, calce, intonaco. Non puoi entrare nella vera stanza se non conosci il linguaggio dei simboli, la lingua eterna dell’essere, che come abbiamo detto al §1.13, ha intrinseca in sé, essendo pensiero, la natura del linguaggio, mentre nella stanza simulata, quella del mondo aggregato, entrano tutti, cani e porci(3).

5.6.Tutto ciò che nell’essere appare è simbolo, e le vere leggi che governano il vero mondo sono quelle della logica e della significazione. Chi vuole accedere alla realtà vera e uscire dai sogni sabbiosi del mondo aggregato deve conoscerle alla perfezione. Tutto ciò che nel mondo aggregato appare, è maschera e simulazione(4). L’anima, il vero essere dell’uomo, cioè coscienza e pensiero, è occultata dal corpo aggregato, che non esprime nulla di quello che ella è: chi nella vera realtà apparirebbe un miserabile pugnetto di melma maleodorante, qui può credersi un grand’uomo, forte, ricco, bello, ammirato, potente e, magari, sapiente. Qui sembrano beni quelli che non lo sono e dietro a codesti idoli gli uomini sprecano la loro vita. Questo è il mondo delle mete sbagliate, degli affetti fasulli e delle ipocrisie; nulla viene chiamato col suo nome: si chiama vita e realtà di veglia quello che è sonno e morte, si chiama nascita la caduta in prigionia dell’anima e morte la sua liberazione, si chiama successo quello che è fallimento completo e si deride come persona di scarto chi ha trovato il vero bene, si chiama amore quello che è un sentimento storpio e feroce di possessività e si chiama egoismo, se non addirittura atto d’orgoglio, il retto impegno nella cura di sé, cioè la ricerca della sapienza, e si chiama dovere morale o addirittura morale assoluta quello che è un ammasso di ripugnanti idiozie, deleterie quant’altre mai, intendendo come devozione verso un Dio quella che è sudicia piaggeria e adulazione rivolta a un tiranno. Questo è il mondo della simulazione, della maschera, è il mondo alla rovescia, il chiassoso carnevale degli ubriachi e dei folli.

5.7.Ma passa il tempo, nel mondo umano, e l’aggregato si disgrega e l’illusione svanisce(5). E che ne sarà allora dei sogni oscuri della mente insabbiata, quelli che ora delirando chiama realtà di veglia? Non si accorgerà che la realtà sta altrove, magari in quelli che prima chiamava sogni, visioni, fantasie? Il tempo qui, nel mondo umano, è ladro di ricordi, tutto svanisce prima o poi e sembra che non resti nulla; dalla culla alla tomba un breve arco di tempo, è un batter d’occhio la nostra vita umana, minuscolo di fronte alle ere gigantesche dell’universo, e magari privo di scopo… Anche nella vera realtà scorre il tempo, ma non è ladro di nulla: poiché il tempo non scorre fuori dalla coscienza, in modo oggettivo, come si crede erroneamente. Il tempo è, nel pensiero, la rappresentazione del mutamento. Il pensiero che afferma di sé le verità necessarie (cfr.§1.11) non muta mai perché esse sono tautologie e il loro contrario non può mai avverarsi.  Ma anche il “cuore immobile della ben rotonda(6) verità” pulsa, poiché le coscienze dell’essere ripetono in sé, in ogni istante, la visione delle verità necessarie dell’essere. Il tempo è immagine in movimento dell’eternità: ogni istante è una presa di coscienza di sé dell’essere, è una ripetizione dell’atto di essere, è una sempre nuova rappresentazione della stessa eternità. Ogni rappresentazione di sé dell’essere, ogni idea, è immobile e vista dalle coscienze dell’essere identica istante per istante; e l’immaginazione è spazio infinito, dove gli istanti nel loro ordine trovano rappresentazione. E i riflessi, i corpi che lo spirito esprime di sé come segni dei suoi contenuti, trascorrono lungo gli istanti del tempo, mutando, se muta la realtà che riflettono, permanendo identici, se la realtà che riflettono è immutabile. Ma ogni immagine che una realtà ha mai riflesso nello spazio, l’immaginazione dell’essere, questo specchio amoroso(7) delle forme, è nell’essere: è stata una volta, per un istante; ma ogni istante è immagine dell’eternità, dell’essere eternamente vero. E l’essere è la somma di tutte le visioni di sé, le sue coscienze, in tutti gli istanti del tempo. Ciò che è stato è, è ricordato nell’essere, in eterno.

5.8.L’essere è pensiero e somma delle sue coscienze, e ogni coscienza una strada, o un fiume, se si vuole; cioè un percorso fatto di istanti del tempo, nei quali la coscienza ripete il suo atto di riflettere l’essere. Molteplici rivoli d’acqua viva scorrono, nel mondo vero, cristallini, e specchiano tutti un’unica, immobile, eterna luce; ognuna il suo percorso, tutte una sola fonte.

5.9.Perché in una zona dell’essere, in una parte del suo spazio, si sia creata questa interferenza, per la quale all’anima lo spazio non si comunica più, sicché ella riceve solo le immagini che decide di comunicarle quel gruppo di intelligenze che, seguendo la consuetudine, abbiamo chiamato “sistema nervoso” e anche “energia neuronale”, e perché molteplici “portatori di forma” si ingegnino nel faticoso lavoro di simulare un mondo che non c’è, negando la verità, occultandola alla mente dell’uomo, non è questa la sede di discutere, se ne dovrà disquisire altrove(8). Ora la presente trattazione può chiudersi, essendo un lavoro preliminare, finalizzato a porre il fondamento di un edificio la cui costruzione dovrà durare a lungo. Il Lettore che ci abbia seguiti fin qui ed abbia meditato con attenzione quanto si è detto, e con onestà e rigore concettuale lo abbia accettato, possiede ormai tale fondamento; ormai sa dov’è l’essere, la verità e sa, ormai, che quella è la sua vera casa.

 

Milano, 16 marzo 2007.


NOTE AL LIBRO V.

 

Nota 1: intendo per presenza di una coscienza nello spazio la comunicazione che ella riceve dallo spazio stesso dei suoi contenuti.

 

Nota 2: do per scontato che si conosca la definizione di parallelepipedo rettangolo; ovviamente, per avere un’idea completa non basta ascoltare il suono delle parole, bisogna anche capire che cosa significano. Le idee della geometria solida si ottengono specificando, per divisione, l’idea di volume: da volume a poliedro, da poliedro a prisma, da prisma a parallelepipedo e così via.

 

Nota 3: mi si perdoni questo ulteriore sconfinamento nel linguaggio dei simboli. I cani sono le anime formate dalla religione: infatti i cani sono fedeli; i porci sono le anime formate dalla cultura materialista, cioè che si identificano col corpo terreno: infatti i porci hanno l’abitudine di rotolarsi nel fango. Questi, cani e porci, nella mia stanza non entrano, ma solo le colombe.

 

Nota 4: vedi anche il mio scritto “Introduzione alla Scienza sacra”, §§5.3 e 5.4.

 

Nota 5: parleremo della morte in un altro scritto.

 

Nota 6: l’immagine della sfera è, ovviamente, un simbolo; poiché la sfera è l’insieme dei punti ricavati da un centro mediante l’applicazione di una regola (la lunghezza del raggio) essa è il simbolo dell’essere (il centro) come somma delle sue coscienze (i punti della superficie sferica). In altre parole, ogni punto della superficie, nella sfera, è riflesso o immagine del centro, ricavato mediante applicazione della regola dell’equidistanza, come ogni coscienza è riflesso dell’essere mediante applicazione della regola della retta rappresentazione di sé.

 

Nota 7: di amore parleremo altrove.

 

Nota 8: non possiamo sapere che intenzioni hanno codeste forze, ma possiamo ben vedere l’effetto della loro opera. E’ la simulazione di un mondo extramentale fatto di materia eterogenea al pensiero, governato da una causalità meccanicistica, che prende il luogo della vera realtà, che è pensiero e immagine del pensiero e dove legge è la tendenza alla verità e alla significazione di essa, cioè al bene. L’effetto è insomma che la verità viene occultata e che con essa scompare il bene.

 

Milano, 17 marzo 2007.