LIBRO II.

 

L’ANIMA.


LIBRO II.

 

INDICE DEGLI ARGOMENTI.

 

Ogni anima è una delle infinite coscienze dell’essere(2.1-2.2).

 E’ necessariamente, non è l’effetto di una causa materiale(2.2-2.3).

 Non è creata(2.4).

 L’anima, se non viene ingannata, è autonoma(2.5).

L’anima produce da sé la sua materia, specchiandosi nello spazio. Richiamo alla definizione di “spazio”. La materia è sostanza “liquida”(2.6).

 L’anima si forma da sé per mezzo delle idee rette(2.7).

 L’anima come verità, bene, giustizia(2.7-2.8).

 Bellezza dell’anima (primo accenno)(2.8).

 Dio è essere e infinite coscienze o anime: attenzione a non cadere in errori spiriticidi, personificando il principio e chiamandolo Dio. Dio siamo noi(2.9-2.10).

 Il “principio maschile”; chiarimenti terminologici(2.11).

 Di nuovo su: l’anima si forma da sé. Cenni su corporeità “spirituale” e mondo/i “spirituali”(2.12).

 La triade madre, padre, figlio. Il mondo eterno degli angeli(2.13).

 Conclusione(2.14).


Gnothi sautòn.

Conosci te stesso.

Platone (citando l’iscrizione del tempio di Apollo a Delfi), Charmis, 164e.

 

 

2.1.L’essere, dunque, come dicemmo nel precedente libro, non è “fatto di materia”, come pensa chi parla impropriamente, ma nemmeno è un misterioso principio creatore che poi viene addirittura personificato, come immaginano irrazionalmente i superstiziosi. L’essere è uno e infinito, è potenza di pensare; e in atto, quando pensa -eternamente, perché l’essere è pensiero di sé e se non pensa non è- è infinite coscienze. Perché, l’essere è infinita potenzialità, che non può esaurirsi in un solo atto di coscienza, che sarebbe un essere finito: quando l’infinito pensiero si dà rappresentazione, è infiniti atti di coscienza, è infiniti individui, infinite anime; chiamiamo anima, infatti, un atto di coscienza dell’essere.

2.2.Dunque, caro Lettore, TU SEI L’ESSERE, come lo sono io e tutte le altre coscienze dell’universo.Tu sei una delle infinite immagini che l’essere ha di sé, cioè sei una coscienza. Ogni coscienza dell’essere è un’anima; e poiché l’essere è per necessità logica e, come abbiamo dimostrato nello scorso libro, è necessariamente pensiero e coscienza, l’anima, che è la coscienza dell’essere, è necessariamente esistente.

2.3.Pensa, caro Lettore, a quanto è poco razionale l’uomo di epoca razionalista, che si è arenato su una domanda assurda: esiste l’anima? e non ha saputo trovare la soluzione. Dando correttamente la definizione di anima, e correggendo la nozione di essere coll’applicare correttamente le leggi logiche e il principio di ragion sufficiente, noi abbiamo trovato che ella, essendo l’essere, è necessariamente esistente, visto che l’essere non può non essere, per il principio di non contraddizione. Venticinque secoli dopo Parmenide ancora non l’hanno capito! Ma, certo: se cercano l’anima pesando un uomo un istante prima della sua morte e ripesandolo un istante dopo, sperando di misurare il peso dell’anima, fondando la propria ricerca sul principio errato che è reale solo ciò che è misurabile(1), non concluderanno mai nulla. Perché, è reale il pensiero, che è coscienza e conoscenza di sé, e non sta su una bilancia. Se poi cercano l’anima come sottoprodotto o epifenomeno della “materia extramentale”, peggio ancora. Come già dimostrato nel precedente libro, non può esistere alcuna realtà extramentale, ma ciò che essi scambiano per tale, cioè l’immagine sensibile delle cose, è, appunto, immagine e non realtà esistente per sé. E’ l’essere che fa essere l’immagine, non l’immagine che fa essere l’essere, ovviamente: sicché, chi applichi rettamente il principio di ragion sufficiente, sa bene che non è il corpo, che è solo immagine, a produrre l’essere, ma è l’essere, che è pensiero e coscienza di sé, a produrre l’immagine, cioè il corpo. Inseguano pure neuroni e sinapsi nelle loro complicate attività elettromagnetiche, nei loro bagliori misteriosi(2), negando lo spirito(3) (la ragione che nega sé stessa -perché la ragione è lo spirito- si sente scientifica!): non concluderanno nulla, otterranno solo di gonfiarsi di falso sapere, premiarsi a vicenda(4), e cadere in un tranello. E peggio per loro.

2.4.Dunque l’anima non è il sottoprodotto di una materia che sarebbe più essere di lei; né, d’altronde, è creatura, qualche cosa di creato. L’anima non ha bisogno di essere creata da nessuno perché eternamente generata dal principio, che è essere infinito e non è un Dio personale. E’ pensiero allo stato potenziale e non è Dio se non in quanto è cosciente e conosce sé stesso. Ma la sua coscienza siamo noi. Gli atti eterni di coscienza del principio, ogni atto mediante cui l’essere conosce sé stesso, è un essere, un’anima. Nel §2.1 lo abbiamo chiamato anche “individuo” perché ogni essere, ogni coscienza, è un’unità indivisibile, un atomo spirituale. Ogni essere, per essere, deve infatti essere un essere. Perciò Dio è essere e coscienze infinitamente molteplici: l’essere è potenzialmente infinito e si rappresenta in infiniti esseri, non in uno solo: un essere è un atto di coscienza finito e non esprimerebbe l’infinito. Noi siamo le coscienze di Dio.

2.5.L’anima non è soggetta ad alcun determinismo. L’anima si genera da sé pensandosi, e dunque non è soggetta a nessuno: né a determinismi meccanici, né al dominio di divinità onnipotenti e tiranniche. Ella è autonoma, è quello che decide di essere, è quello che sa di essere. A seconda di ciò che conosce di sé stessa ella cambia forma(5). Già altrove scrivemmo: “Poiché l’anima non è una cosa, ma è pensiero, niente può modificarla se non cambia essa stessa i contenuti del suo pensiero; il pensiero si muove solo se vuole muoversi…”(6). Infatti un altro nome del pensiero è “volontà”; e, anticipiamolo qui, l’unico modo di determinare l’anima contro la sua volontà è quello di ingannarla costringendola a pensare concezioni errate. Ma di questo diremo più oltre e degli effetti dell’inganno sull’anima dovremo occuparci in uno scritto a parte. (Vedasi: G. Agis, La cura dell'anima, studio per un recupero dell'ontologia socratico-platonica, aprile 2007)

2.6.L’anima, inoltre, non ha bisogno di ricevere la materia da altro che da sé stessa: ella stessa è la sua materia: la vera materia altro non è, infatti, che il riflesso visibile nello spazio dell’idea, che l’anima possiede in sé, di essere; è l’idea più generica di tutte, quella di semplice esistenza senza altre specificazioni. Ora, lo spazio è la facoltà dell’essere di rendere visibili le cose invisibili, o meglio ne è l’immagine: lo spazio è l’immagine dell’immaginazione dell’essere, come si ricorderà (§§ 1.14-1.17). Tale facoltà genera in sé le immagini visibili e sensibili delle coscienze dell’essere e dei loro contenuti. Non esiste uno spazio extramentale, come credono i razionalisti irrazionalmente: una cosa che non si pensa da sé non può stare nel nulla, è una trasgressione al principio di ragion sufficiente. Lo spazio, come si è visto nel precedente libro, ha la natura dell’immagine (spazio e immagine di spazio sono la stessa cosa) e ragion sufficiente perché ci sia un’immagine è un’immaginazione che la pensi; le immagini non si generano da sé, né galleggiano nel vuoto non causate da nulla. Dunque lo spazio è prodotto dall’essere, che è pensiero e coscienza, quando rappresenta la facoltà di rendere visibili e sensibili i suoi atti di coscienza. Già lo dicemmo. Lo spazio è lo specchio infinito dove le coscienze dell’essere trovano visibilità, cioè generano materia e corpi(7). Dicemmo infatti che la materia è il riflesso nello spazio dell’idea più generica di tutte; essa non è ancora corpo, ma è potenza di divenire corpo, è potenza di ricevere tutte le altre forme. Appare dunque come sostanza liquida: il liquido infatti può assumere tutte le forme. Inoltre, esso scorre, essendo immagine della coscienza, che a sua volta è immagine temporale dell’essere e, dunque, scorre. Questa sostanza liquida, già visibile, che è coscienza che scorre e potenza di ricevere le forme, è la matrice o “principio femminile” -che dir si voglia- e può chiamarsi anche “ricettivo” o “riflessivo”, nel nostro gergo, perché riceve o riflette (è la stessa cosa), rendendola visibile nello spazio, la forma specifica che l’anima sappia aggiungere a sé stessa per completare il proprio essere e divenire qualcosa di specifico. Dunque la materia è immagine di un’idea, è già forma, ma essendo immagine dell’idea di essere, cioè dell’idea più generica di tutte, dà luogo a una forma, per così dire, ancora informe, liquida, appunto, come già detto: per dar luogo a un corpo ha bisogno di aggiungersi un’altra forma, quella che sia il riflesso di un’idea più specifica(8).

2.7.L’anima è autonoma anche, e soprattutto, nel darsi la forma: a seconda delle idee per mezzo di cui si pensa, l’anima forma sé stessa e non è determinata da nulla di esterno. Innanzi tutto ella deve pensarsi come un essere, generando in sé l’idea di unità. Poiché ogni essere, per essere, deve essere un essere, l’idea di essere è coestensiva a quella di uno; o, in altre parole, il genere dell’essere è identico a quello dell’unità; o, anche, l’insieme di tutti gli esseri è identico a quello di tutti gli individui. Ma dunque l’anima ha in sé anche l’idea di molteplicità; e deve anche pensarsi come identica a sé stessa e distinta dagli altri esseri… E, ancora, ella può vedere che essere è bene e che dunque, poiché essere è pensiero e conoscenza di sé, cioè verità, verità è bene. Ma se l’essere conosce sé stesso nelle infinite coscienze di sé, l’anima che è una delle infinite coscienze dell’essere, grazie a cui l’essere ha coscienza e conoscenza di sé, vede sé stessa come bene. E vede come bene tutti insieme gli altri atti di coscienza dell’essere, le altre anime; in altre parole, l’anima ama (amare una cosa significa sentirla come bene) l’essere, ama sé stessa, ama tutte le altre anime, se ha in sé la retta idea di essere, di verità, di bene. Tributare il retto valore (dare valore=amare) a ogni essere si chiama giustizia.

2.8.Dunque l’anima può vedere sé stessa come essere (cioè come atto di coscienza), come unità (cioè come un individuo), come verità (cioè come retta rappresentazione dell’essere), come bene (definendo come bene l’essere, che è conoscenza di sé l’anima vede come bene il proprio essere una rappresentazione corretta dell’essere, il proprio dire la verità sull’essere), come giustizia (vede, cioè, come bene e dunque dà il retto valore a tutte le rappresentazioni dell’essere, tutti gli esseri, le altre anime). Si può anche dire che l’anima, la quale si rappresenti correttamente, e dunque abbia in sé la verità, è vera, buona, giusta. E bella: perché la verità, riflessa nello spazio si manifesta come luce, e l’amore come ardore… ed è così che l’anima arricchisce la sua forma con le qualità specifiche che completano il suo essere e il suo riflesso, il suo “corpo spirituale”.

2.9.E’ errato dunque (e gli errori sono fonte di inquinamento per l’anima) pensare che vi sia un Essere Sommo o Sommo Bene che è un essere sopra agli altri e che le anime siano sue creature. L’anima pensando così smarrisce la conoscenza di essere verità e bene, e si ammala(9). Bene non è solo il principio, separato dalle sue coscienze (che siamo noi anime) poiché bene è l’essere, ma l’essere non è se non ha coscienza e conoscenza di sé; il principio è infinita potenza, ma senza i suoi atti di coscienza, cioè noi, non sarebbe nulla, rimarrebbe oscura potenzialità, indefinita e inespressa; ma sarebbe un paradosso un essere privo di coscienza e conoscenza di sé, poiché l’essere è pensiero e per essere deve pensarsi. Quindi il principio, la fonte potenziale degli esseri, non è il Sommo Bene, né tanto meno è una persona (o un essere che è tre persone, assurdamente) onnipotente! Esso è la nostra fonte, ma noi lo facciamo essere, noi anime, intendo, noi coscienze; senza di noi sarebbe privo di significato, non sarebbe verità, né bene. Sarebbe essere che non è nulla, sarebbe come una lampada senza luce o un occhio senza sguardo; sarebbe un pensiero che non si pensa affatto.

2.10.Dunque Dio non è un altro essere: se chiamiamo Dio l’essere, Dio siamo noi coscienze o anime o spiriti, che dir si voglia, perché siamo noi l’essere. Se chiamiamo Dio qualcosa di diverso dall’essere, vuol dire che non è. Il principio è uno, ma infinito; e le sue immagini infinitamente molteplici, perché l’infinito non può rispecchiarsi in un solo individuo finito, nemmeno se fosse onnipotente; sarebbe una menzogna sull’essere e non la verità. Egli è individui infiniti di numero…

2.11.Le idee mediante cui l’anima conosce sé stessa e completa la sua forma si chiamano, nel nostro gergo, “principio maschile”, e la facoltà che ha l’anima di vedere le idee si chiama INTELLETTO (il nous di Platone), ovvero, per meglio dire: l’anima si fa intelletto quando vede le idee, così come si fa coscienza o matrice (il “principio femminile” di cui parlammo sopra, al §2.6) quando le riflette in segni visibili. L’anima è quindi sia principio maschile che principio femminile e non esiste distinzione dei due sessi nel mondo spirituale. Il “principio femminile”, se vogliamo, si può chiamare anche “ragione” (in greco: dianoia), quando è capace di riflettere rettamente le idee dell’intelletto, se no, abusa di tale nome. E ancora: entrambi i principi possono chiamarsi anche logos, cioè pensiero; ma mentre le idee dell’intelletto sono pensiero invisibile ed eterno, e sono tutte universali, le idee riflesse nella matrice sono visibili e sensibili, e dunque individuali e in divenire, cioè stanno nel tempo e nello spazio.

2.12.Quando l’anima vede un’idea (vedere un’idea=pensare) e si pensa mediante quell’idea, riproduce in sé stessa la sua forma completando il proprio essere. Per esempio, se ho l’idea di giustizia e mi conformo ad essa, la mia anima si arricchirà della la forma della giustizia, non sarà solo anima, ma anima giusta; se ho in me l’idea di temperanza e mi conformo ad essa, sarò anima temperante, e se ho in me l’idea di bontà (bontà=amore per il bene) sarò anche anima buona e così via. E se avrò in me l’idea di triangolo, sarò anima triangolare? Ma no. L’anima sa distinguere le idee che conformano l’estensione che è immagine da quelle che conformano la realtà, che è spirito. Però abbiamo detto che la coscienza si fa matrice e si riflette nello spazio diventando visibile, lei e tutti i suoi contenuti spirituali. Dunque ci deve essere un rapporto simbolico tra corpo visibile (parlo del corpo spirituale(10), non di quello terreno) con tutte le qualità in esso manifestate e le qualità dell’anima, quelle che essa acquisisce formandosi per mezzo delle idee. Cioè, lo spazio, per divenire capace di rivestire le realtà invisibili di segni visibili deve essere, innanzi tutto, un linguaggio, con una grammatica e una sintassi ben precise. Ed è nello spazio che l’essere diventa mondo visibile; ve n’è più d’uno, di mondi, perché esistono diversi linguaggi e dunque diversi spazi. Ma di questo, se ne avremo la forza, diremo altrove. Anticipiamo qui soltanto che ciò che in questa sfera terrena si crede invisibile, altrove splende; e che la bontà ha il sapore del miele e la sapienza quello del pane ed i profumi sono sentimenti amorosi. La verità(11) appare come luce, e l’anima la riflette, come un lago che riflette il sole.

2.13.Dunque, l’unione di coscienza matrice (il “principio femminile”) e idea formatrice (“principio maschile”) produce l’essere completo, individuale, visibile nello spazio, presente in un mondo temporale intersoggettivo (sull’intersoggettività cfr. ultra, §§5.3-5.4). Esso si chiama “figlio”, perché è il prodotto dell’unione dei due principi. Questa triade, di cui l’oscena trinità della religione irrazionale e superstiziosa è solo uno scimmiottamento satanico, si ripete in tutte le anime divine, cioè in tutti gli esseri che, riflettendo in sé la verità senza offuscamenti o storpiature, rappresentano, tutte, l’essere nella sua perfezione, nell’atto eterno di pensarsi e conoscersi; essi sono la verità, e appaiono come luce, i molteplici raggi di una medesima luce; e tali coscienze chiamali, se vuoi, angeli, se vuoi, dèi, e Dio è la loro Assemblea.

2.14.Concludendo, dunque: Dio è un mondo molteplice, visibile, luminoso, esteso; e tale mondo è il riflesso eterno dell’eterna attività pensante degli spiriti.


NOTE AL LIBRO II.

 

Nota 1: vedi supra, §1.6.

 

Nota 2: non vogliamo gettare discredito sugli scienziati che si dedicano a ricerche in campo medico-neurologico, naturalmente, ma solo criticare coloro che basano su queste ricerche filosofie errate sull’essere, rifiutando l’ontologia corretta frettolosamente e negligentemente, e che si credeno razionali solo perché negano la realtà dello spirito. Qualunque tipo di ricerca ha il nostro rispetto; nei prossimi libri analizzeremo la causalità fisica trovando che essa è una sorta di simulazione… Ma nel momento in cui la simulazione è in atto, agire all’interno di essa allo scopo di lenire le sofferenze di chi ne è intrappolato (visto che è impossibile liberarsene a brevi termini) è meritorio ed ammirevole. Mi rendo conto che per ora l’argomento è oscuro, ma lo si comprenderà avanzando gradatamente nella chiarificazione dell’essere.

 

Nota 3: “spirito” è un altro nome del pensiero. Si sarà notato, spero, che usiamo qui il termine “pensiero” nell’accezione più estesa possibile, non solo come pensiero discorsivo e razionale: ogni contenuto della coscienza è pensiero.

 

Nota 4: ho in mente il passo di Platone, Repubblica 516 c-d.

 

Nota 5: queste nozioni si troveranno più estesamente nel nostro testo: Introduzione alla Scienza sacra, disponibile presso l’Autore.

 

Nota 6: preghiera Sull’eutanasia, pag.9. Testo disponibile presso l’Autore.

 

Nota 7: faccio notare come la definizione di spazio presente nella nostra ontologia sia in perfetta armonia con quanto racconta di aver visto spiritualmente Lucia Dos Santos nel testo del famoso “Terzo segreto di Fatima”: …e vedemmo, in una luce immensa che è Dio: qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti (da “la Repubblica” del 27 giugno 2000, pag.6). Come già dicemmo, le immagini che vede l’anima sono tutte vere, peccato che non possa fruirne quando è oppressa da falsi saperi fuorvianti o da oscurantismi religiosi.

 

Nota 8: su questo argomento, com’è sviluppato nel neoplatonismo, ho già scritto un capitolo della mia tesi di laurea: Gli Opuscula sacra di Severino Boezio, quello che s’intitola “Il de hebdomadibus”. Si può richiedere presso l’Autore.

 

Nota 9: ho dato i primi cenni di questa teoria nel già citato Introduzione alla Scienza sacra, ma bisognerà sviluppare in uno scritto apposito lo studio dell’anima e delle sue malattie. (Vedasi: G. Agis, La cura dell'anima, studio per un recupero dell'ontologia socratico-platonica, aprile 2007) Anticipo qui solo che l’anima può essere ingannata e perdere la sua autonomia, qualora le si faccia credere di essere frutto di creazione e dunque in balia di un destino che dipende da forze sovrumane, o il prodotto di un determinismo meccanicistico, sicché le sue disposizioni dipendano da eredità biologica invece che da scelta consapevole; l’anima perde il controllo della sua volontà se non sa di essere autonoma, e dunque anche i principi della moderna psicoanalisi, che dipingono l’anima come prodotto di un processo inconscio che non potrà mai stare sotto il controllo della coscienza sono spiriticidi. E’ argomento delicatissimo e andrà trattato con estrema cura.

 

Nota 10: ho anticipato qui la menzione del “corpo spirituale” contrapposto a quello “terreno” come già avevo anticipato l’alterità tra corpi semplici e corpi aggregati nel §1.9. Ma l’argomento è importantissimo e sarà sviluppato nei prossimi libri del presente studio. Si noti che data la nostra definizione di “spirituale” come invisibile e di “corporeo” come visibile (§1.14), il termine “corpo spirituale” è un controsenso; in effetti sarebbe meglio chiamarlo semplicemente “corpo”, perché, come si vedrà, quello “terreno” non è un vero corpo; ma il termine è in uso per distinguere il vero corpo dal  falso corpo terreno e perciò spesso ci lasceremo andare a tale solecismo (od ossimoro, se si vuole) confidando nella capacità del Lettore; sarebbe meglio, è vero, chiamarlo “corpo semplice” e contrapporlo al “corpo aggregato” che è quello terreno, ma d’altronde chiamarlo “spirituale” può aiutare il Lettore a rammentarsi che è prodotto dallo spirito mediante semplice atto di immaginazione e a non confondersi con concezioni fumose e irrazionali proprie di esoterismi di bassa lega che parlano di “corpo astrale” e “materia più sottile”. E’ insomma il corpo in cui lo spirito s’esprime appieno e si manifesta, è per questo che lo chiamiamo “corpo spirituale”, come chiamiamo “mondo spirituale” lo spazio comune che li contiene tutti.

 

Nota 11: chiamiamo verità l’insieme delle idee dell’intelletto mediante cui l’essere rappresenta rettamente sé stesso. Sono frutto dell’applicazione delle leggi logiche e del principio di ragion sufficiente; e non vogliamo più sentire nessun Ponzio Pilato che con aria di sufficienza ci deride: Che cos’è la verità? Pretenderai mica di sapere la verità! Noi siamo la verità, perché siamo l’essere.


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